“L'è morta ma ghe bàte el cór” è in scena all’Opificio dei Sensi di San Martino Buonalbergo (VR) l’1 e 2 settembre 2018

27.08.2018
 
Tam Teatromusica mette in scena all’Opificio dei Sensi di San Martino Buon Albergo (VR) l’1 e 2 settembre 2018 “L'è morta ma ghe bàte el cór”, in cui si intersecano tre dimensioni: il sacro, il femminile e il dialetto.

Una vicenda attraente e reale che si cela nei ricordi delle persone è al centro di “L'è morta ma ghe bàte el cór”, l’affascinante progetto di Susanna Bissoli, Letizia Quintavalla, Rosanna Sfragara che sarà proposto all’Opificio dei Sensi.

Sabato 1 settembre (alle ore 21:30) e domenica 2 settembre 2018 (alle ore 18) nello spazio dell’Opificio dei Sensi Cooperativa sociale (in località Ferrazze Via Brolo Musella 27 - San Martino Buon Albergo, Verona) saranno infatti presentate le vicende accadute in un paesino del veronese nel lontano 1948 e che vedono come protagonista una giovane donna e la sua comunità.

Il progetto è realizzato sul testo di Susanna Bissoli con la direzione artistica Letizia Quintavalla, elaborazione sonora Giancarlo Dalla Chiara e vedrà la partecipazione della stessa Bissoli, di Rosanna Sfragara e di Iuna Bressan. La cura generale è di Cristina Palumbo mentre la coproduzione è di Tam Bottega d'Arte, Echidna Associazione Cult./BelVedere Lab. in collaborazione con Associazione Armilla.

Tam Bottega d’Arte è un percorso culturale-artistico, sostenuto dal Ministero Beni Culturali, che intende rafforzare lo storico lavoro del Tam Teatromusica attivando e consolidando diverse identità artistiche. E’ un cammino autoriale che apre nuovi orizzonti generando relazioni e produzioni che coinvolgono principalmente la direzione artistica Flavia Bussolotto, Antonio Panzuto e Rosanna Sfragara.

 

“L'è morta ma ghe bàte el cór” è una vicenda reale avvenuta nel 1948 quando in un paesino della provincia veneta, ad una giovane donna, figlia di contadini, appare la Madonna che le predice il giorno e l’ora della morte. Da questo momento comincia un afflusso crescente di pellegrini e curiosi e la “santa” diventa un motore dell’economia del paese. Arrivano, dunque, il giorno e l’ora designati segnando una importante svolta a tutta la vicenda

Susanna Bissoli è venuta a conoscenza di questa storia vera da suo padre alcuni anni fa e da allora è iniziato per lei un lungo percorso di ricerche, raccolte di materiali, tentativi di scrittura per andare a fondo di quella che a poco a poco è diventata una sorta di ossessione.

“In questo a lavoro s’ intersecano tre dimensioni: il sacro, il femminile e il dialetto – precisa Susanna Bissoli - Il sacro perché parla delle visioni di una “santa”, di una folla che si raduna in attesa di un miracolo ma anche - forse soprattutto - del luccichio del sacro dentro dei frammenti di memoria.”

“Il femminile – prosegue Susanna - perché è un lavoro che nasce dall’amicizia di tre donne, perché vede in scena due donne e una bambina che si confrontano con la malattia, il corpo, la morte e anche perché parla del deserto di solitudine che attende chi vive oltre la propria fine, tenendo sulle ginocchia il proprio corpo morto come la Madonna nella Pietà di Michelangelo”.

“Infine il dialetto, perché è la prima lingua che ho parlato, la lingua dei miei sentimenti e anche quella dei protagonisti di questa storia, che ha le sue radici nella Bassa Veronese ma proprio per questo parla alle radici profonde, ai tronchi, ai rami spezzati di ogni regione e di ogni terra”.

La santa è ancora viva. “E adeso t’è conosú ‘na vécia”, ha detto a Susanna quando è andata nella sua casa. La vicenda della santa resta misteriosa e muta come uno schermo bianco su cui tutti proiettano se stessi. Gli spettatori disposti in cerchio sono assemblea riunita, come la folla riunita quella sera sotto la casa della santa. In scena due donne e una bambina: figure richiamate per officia-re una sacra rappresentazione del ricordo.

 

Susanna Bissoli (1965) ha frequentato i corsi di scrittura drammaturgica di Gerardo Guccini. Ad Atene ha frequentato la scuola di teatro di Akis David. Nel 2008 ha conseguito un diploma di master in mediazione culturale ed è stata coinvolta, come co-drammaturga e attrice, in un progetto teatrale sulla percezione del velo islamico con Letizia Quintavalla e Rosanna Sfragara, il cui esito è stato lo spettacolo Hijab o del confine. Ha pubblicato due libri: una raccolta di racconti, Caterina sulla soglia (2009) e un romanzo, Le parole che cambiano tutto (2011), Terre di Mezzo di Milano. Da quindici anni conduce laboratori di narrazione in cerchio -soprattutto in ambito femminile interculturale e in quello della formazione - presso scuole e associazioni.

Letizia Quintavalla regista e drammaturga, nata a Parma nel 1951. Dopo una laurea in filosofia, nel 1976 è tra i fondatori del Teatro delle Briciole di Parma, di cui mantiene la direzione artistica fino al 1994. Il suo percorso artistico si snoda all’interno del teatro di ricerca e del teatro-ragazzi. Per i suoi lavori attinge alla tradizione popolare, a quella del racconto orale e ai classici, riletti attraverso il linguaggio espressivo, che ha nella scrittura scenica il suo principale riferimento. Nel 2012 fonda il Collettivo Progetto Antigone con diciannove attrici provenienti ognuna da una regione italiana e cura la regia di Parole e sassi - La tragedia greca per i Bambini, la storia di Antigone in un racconto-laboratorio per le nuove generazioni.

Rosanna Sfragara (1976) si forma come attrice principalmente a Verona, sua città d’origine, Bologna, Parigi e Atene. I suoi incontri artistici sono molti ma due determinanti: il regista Theodoros Terzopoulos e il suo metodo di lavoro sul Tragico, la regista e drammaturga Letizia Quintavalla e la sua visione del teatro e del mondo attraverso lo sguardo dei Bambini. Con lei e altre diciannove attrici fonda nel 2012 il Collettivo Progetto Antigone. Dal 2010 cura i progetti e le attività dell’associazione culturale Armilla, dedicati anche a persone fragili. Dal 2015 fa parte di Tam Teatromusica. Da molti anni persegue una ricerca fra arte e forme della memoria, a partire dalla figura e dall’opera di Charlotte Delbo.

I posti per partecipare agli eventi sono limitati, solo 60; è quindi indispensabile la prenotazione all’Opificio preferibilmente via mail (info.opificiodeisensi@gmail.com) o telefonicamente tel. 045/8947356. Il costo del biglietto è di 12 euro. E' possibile cenare presso il ristorante dell’Opificio nella fascia oraria 19.30-21 con piatto unico vegetariano al costo di 8 euro. Durante la serata sarà comunque aperto il bar dell'Opificio.

 
 
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